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Mi hai chiamato, mi hai cercato?


Mi hai chiamato, mi hai cercato? Primavera, nuova, ti ho aspettato a lungo. Davvero sei arrivata?

Mi hanno messo in un vaso, piedi stretti, testa che cerca l’aria; qualcuno avrebbe detto “punizione”, ma in realtà è stata una liberazione dal freddo che mi sembrava quasi inflitto, come se Dicembre si volesse vendicare su di me delle piogge infinite di Novembre.

Adesso raggi gialli, raggi bianchi, riflesso di finestre vicine e oblique, sguardi di anziani che curiosano in casa, tutto mi rinnova. Primavera, sei proprio tu, vero?

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Fotografica Racconti

Ho portato, trasportato, deportato


Ho portato, trasportato, deportato. Ho importato, esportato. Ho aspettato, ho affrettato. Ho cercato strade, e non ho trovato strade.

Stazione, riposo, pioggia, sosta. E le persone, come pelle morta, finalmente si staccano da me.

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Fotografica Racconti

Non volevo guardarlo

Non volevo guardarlo, decisamente non volevo: era un orizzonte frastagliato, senza logica, senza rigore. E io invece amavo proprio la logica e il rigore.

Sapevo che guardare, prima ancora che vedere, voleva dire essersi convinto della possibilità di guardare, aver ammesso l’esistenza dell’oggetto; e in definitiva, per quanto collaterale, del soggetto.

Appunto, non era il mondo esterno che mi infastidiva, quello poteva benissimo esistere, e persino senza chiedermi il permesso.

Quello che non mi rassegnavo ad accettare che esistesse, nonostante la logica lo negasse, ero io. Io esistevo. Troppo tardi.

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Racconti

Come quella volta che

MERCOLEDÌ 11 NOVEMBRE 2009
Perché suoni così (il) piano
Come quella volta che…

ascoltando un giovane pianista massacrare beatamente il pianoforte…
…e che l’op. 21 di Brahms, semmai, meritava invece, di essere coccolata, per suonare, e non per essere suonata…
…e che il detto pianista ci metteva così tanto tempo per terminare il tempo…
…ma che, tutto sommato, avrei preferito ascoltare quella musica suonata persino ancora più lentamente…
… e che, a quelle condizioni, veramente non vedevo l’ora che la musica terminasse,

per dare infine ragione a quello che diceva che la musica immaginata è migliore di quella ascoltata…

Zannasanto

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MARTEDÌ 30 GIUGNO 2009
Avviso agli attendenti
Come quella volta che…

… andando in bicicletta nella strada principale vidi nella piazza, in partenza, un autobus di quelli rari, che passano ogni due ore, di quelli che se li riesci a prendere lo racconti agli amici, i quali ti invidieranno per mesi…
… e che comunque, andando in bici, ero comunque decisamente più veloce del suddetto, e dovendo percorrerne lo stessa strada, ogni volta che passavo davanti una fermata dell’autobus vedevo persone in attesa, tra gli altri, di quello stesso numero preziosissimo…

… e che una persona più coraggiosa, o più impaziente, vedendomi, intuì che io, venendo da quella direzione, avevo certamente visto se quell’autobus stava arrivando, e decise di chiedermelo…

… e che io, certo, potevo dirglielo o no, oppure dopotutto potevo farmi ricompensare in qualche modo per l’informazione che per lui era importante, e allora decisi di farmi dare un euro…

… e che dopo un percorso decisamente più lungo di quello che avevo in mente, tornai a quella piazza e ricominciai il giro,carico di un guadagno inaspettato di trentasei euro…

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E’ morto il re! Viva il re!
Come quella volta che …

… dopo la morte di Michael Jackson tutti i venditori ambulanti di musica, solitamente ridotti alla fame dalla scarsità cronica di vendite, trovarono un’occasione di vendere tutti i residui di vecchie cassette, dischi, CD, magliette del detto cantante, così che la sua morte è stato per loro un vero affare. Le strade della città risuonarono di decine di vecchie canzoni, simultaneamente, una sinfonia allucinante!

… e che così dopo qualche giorno, calmati gli acquirenti, e nuovamente affamati i venditori, a qualcuno venne in mente che se fosse morto un altro cantante famoso ma un po’ démodé sarebbe stata davvero una pacchia…

… e che il più potente (e decaduto) venditore escogitasse di uccidere a cadenza settimanale tutte le vecchie star della canzone, tanto sono innumerevoli, per poter finalmente vivere agiatamente vendendo però buona musica, invece dell’orribile musica napoletana, che in fondo al loro cuore, io ne sono convinto, loro in realtà detestano…

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MERCOLEDÌ 13 MAGGIO 2009
Biglietto!
COME QUELLA VOLTA CHE…

… ero salito sull’autobus senza biglietto, come sempre, e quando salì il controllore cercai di non farmi notare, senza naturalmente riuscirci. E quando lui mi trovò gli feci la classica scena di quello senza documenti per evitare la multa, ma lui insisteva a volere sapere le mie generalità, e allora gliele diedi, ma false. Per la precisione quelle di un mio compagno di classe.

… e quando sentii la voce di un mio compagno di classe, anzi esattamente quello di cui avevo dato il nome, il quale, scoperto poco lontano e poco dopo di me, dava come suo nome falso il mio vero…

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Bellezza!
Come quella volta che…

…camminavo senza espressione, solo solo, e in una strada anch’essa semideserta, e una ragazza veniva nella mia direzione, ed era molto bella, e allora istintivamente le sorrisi…

… e il mio sorriso, dopo che lei fu passata dietro di me, e andata via, piano piano, mentre pensavo perché le avessi sorriso, e dopo aver capito che era semplicemente perché lei era bella, e per nient’altro…

… e così, rendendomi conto che quel sorriso era stato una specie di premio, gratuito e senza ritorno: e lei infatti non mi aveva sorriso, anche perché invece io ero brutto…

… quindi poco dopo il mio sorriso si spense come una foglia ormai inutile cade dall’albero a ottobre…

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Inseguimento
Come quella volta che…

…salivo le scale tranquillamente, ma appena vidi che una ragazza assai carina saliva non molto dopo di me, ma molto più velocemente, ed ero combattuto tra l’intenzione di guardarla meglio e la necessità di correre più forte proprio per non lasciarle capire che la volevo guardare…

…e che fui quindi costretto a correre un po’ più veloce di lei, cioè praticamente a perdifiato, e fino all’ultimo piano, molto oltre la mia iniziale destinazione, nella speranza che lei si fermasse prima, liberandomi così dall’imbarazzo…

…e che lei invece, purtroppo per me, doveva andare giusto giusto a quell’ultima porta, e quando mi trovai là con lei davanti e non potevo più continuare, tanto per levarmi d’impaccio in un modo secondo me dignitoso e simpatico, tra i respiri ormai convulsi di fatica e di panico dissi solo: “Ho vinto io!”…

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COME QUELLA VOLTA CHE….
Così inizieranno i vari post, come se quello che racconto sia veramente successo, in un passato quasi reale, ma abbastanza remoto da sbiadire e sfumare nel ricordo.

Invece si tratta di piccole immaginazioni, create senza motivo, anzi involontariamente, istintivamente, così come senza ragione nella mente si inseguono senza pausa suoni, musiche, immagini, volti, scene…

Ogni breve storia è nata da un’occasione contingente, e si è sviluppata per sua vita propria.

Come se la stessi guardando in un film, la ricordo, e la riporto.

Come quella volta che decisi di iniziare un blog…

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Lettera a Nicoletta (2)

Cara Nicoletta,

sono Mario, sono ancora io. Stavolta ti scrivo sottovoce, nella penombra: la scintilla di infinito è ormai trascorsa.

Eppure…ricordi ancora i nostri momenti insieme? E li ricordi con affetto, nostalgia, dolcezza, dal primo all’ultimo?
Anche se il nostro rapporto si è azzerato, io non ho smesso di pensare a quei giorni, e al giorno in cui ti ho raggiunta e ti ho fatta, per pochi istanti, felice e mia.
Ricordi ancora la nostra ultima telefonata, quel saluto intenso che doveva durare chissà per quanto?

Ora, dopo tanto tempo, ti chiedo di fermare, conservare questi ricordi in un angolo intimo e protetto della tua mente, perché non so se ci rivedremo più.

Molto è cambiato, in questi mesi. Così, questo luglio, invece di andare a ***, ho deciso di iniziare altri progetti. Ho telefonato a chi mi aveva contattato, per non accettare. Sapevo che rinunciando ad andare a *** avrei perso l’unica occasione di rivederti; anche se, poi, chissà… se tu, io…?

E’ passato.

Sei stata per me gabbiano notturno, spigolo di luna, respiro segreto, eco di tuoni dimenticati.
E so chi sono stato per te. Un tesoro di bambini, enorme ed immaginario, te ne vantavi e non l’hai speso.

E noi siamo stati magnifici ed incompiuti, come un segreto che si è sparso nel vento, prima di avverarsi, come polline leggero.

Ecco tutto: qui mi fermo.

Nicoletta, mia Nicoletta. Ora sei per sempre mia: chi potrà più smentirmi, ormai?

Mario

* Lettera scritta con intenzione creativa.

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Immaginaria

Chanson de l’aube [testo: NV 566]

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Lettera a Nicoletta (1)

Cara Nicoletta,
come promesso, eccomi.

Lettera d’amore, lettera e monologo, io ti parlo come all’orecchio e quasi ti bacio i capelli sciolti.

Ti ho cercata senza chiamarti, nel suono ricordato della tua voce, e nelle poche fotografie, senza valore perché sono senza la vera te, senza la scintilla di assoluto che nasceva tra noi.
Poi mi hai scritto: gesto benedetto, e ti ho ritrovata ancora mia.

Spero che anche tu ripensi spesso a quei giorni immensi, quando ti sporgevi dalla fila per guardarmi, e io sfuggivo al ritmo e alla scena e quasi al mondo intero per cercarti, e allora tutto scompariva, la musica era solo vibrazione, la luce era l’anima del mondo, e noi due eravamo l’infinito realizzato e la sua promessa di perfezione.

Ho cercato di riviverti nel ricordo, ma la tua immagine vuole sfuggirmi, e mi costringe a chiudermi nel profondo delle emozioni fortissime e nuove di quando eravamo insieme. Ho descritto a me stesso e ad altri come mi sentivo con te: era come se rinascessi alla vita; il cuore, selvaggio, mi premeva nel petto come davanti ad una prova mortale, e io ti guardavo nella gioia del possesso e nella paura della perdita, e tu eri veramente mia, trattenuta dallo sguardo e dal tempo che si fermava, ed eri presa, afferrata, ed io ero vinto, avvinto, conquistato e ubriaco di te!

E ora, dove sei? Lo sapevo già allora, che tutto è banale senza di te. A volte mi viene di farti non so cosa per avere sprecato l’ultimo giorno che avevamo insieme, sei stata assurda e spietata: ma a cosa pensavi? Che rabbia! Io ti …..rei, in certi momenti! Ma è possibile? Le ultime ore prima di chissà quale assenza, e tu… Ahhh!!! Ma non ti ha detto niente la tua sedia vuota? Il mio biglietto… se trovo quella sedia…!

Lo so, che forse tutto questo ti sembra solo “letteratura”: ma che posso fare io, da così lontano, senza averti e senza poterti stringere, senza tutti quei gesti che ti piacevano tanto, senza baci (ti ricordi magari di come ti sfioravo la mano in quel locale, è meglio che io non ci pensi se no non ci vedo più), senza poter cacciare via l’universo al solo guardarti, come facevamo nelle pause…

Io posso solo seguire a testa bassa il percorso dell’assenza: ricordo, speranza, attesa, e quindi evocarti, chiamarti nella solitudine, e aspettare neanche io so cosa: un tuo ritorno? Ma quando? A luglio? Ogni giorno che passa mi sembra che luglio si allontani, invece di avvicinarsi. A me pare irreale. Ci vuole un’iniziativa. Perché non mi prendi sul serio? Sai fare una follia, e venire tu da me? Oppure potrei farla io, ancora più azzardata, come un desiderio da monello, un appuntamento a casa tua, oppure vedersi a ***! Ah, che sogni, che sogni! Vivo di sogni, senza di quelli sarei come una bomba disinnescata, un fiore tagliato. Nicoletta, torna indietro!

In certi momenti posso guardare negli occhi il tempo nemico, e non spaventarmi neanche delle prove più feroci. Perché è chiaro che era destino: era destino che ci incontrassimo, che ci trovassimo, l’hai notato? Per favore, credi per un attimo anche tu che sia destino per noi ritrovarci. Ricorda, fa’ uno sforzo: io stavo solo con te e tu con me, come per magia o per incantesimo. E veramente ero stregato da te, dal tuo sguardo, quando vedevo te felice e bellissima oltre ogni immaginazione, e ti rivedevo impossibilmente più bella e felice l’indomani, e ancora dopo, ogni momento era più puro e luminoso di quello precedente.
Pazzie! Io quasi non ci credevo! Perché sei andata via? Ti sei pentita, almeno?

Sono solo, prosciugato, senza di te.
E non ridere!

Ancora non mi perdono di averti detto che hai dei begli occhi: sono la mia condanna e insieme la premonizione di un paradiso possibile e sfuggito. Li voglio, ora, sono miei!


Voglio immaginare che anche tu abbia pensato spesso a me, e non come hai detto al telefono: “Solo oggi…”
Avevi un tono così ironico mentre lo dicevi, allora dimmi che non era vero, tanto l’ho capito comunque. Mi hai scritto dopo tanto tempo, quindi ancora mi pensavi. Ora, con qualche giorno in più, che differenza fa? Non sai quanto ho sperato che la misteriosa telefonatrice fossi tu o qualcuna mandata da te, talmente tanto che non ti credo anche se l’hai negato assolutamente (ma ridacchiando).

Dimmi, ammettilo a me dopo che a te stessa, che non mi dimenticherai mai, che la tua vita è nuova e stravolta per avermi incontrato, che non passerà mai quell’incanto creato e quasi distrutto, e che mi tratterrai, che farai tutto per rivedermi e riavermi, che hai parlato di me a tutti, come ho fatto io, che hai chiesto consiglio a tutti e a tutto, alle pietre arrotondate che si sfiorano, al cielo, che è lo stesso su di me e su di te, al mare che non è quello crudele di **** che ho guardato per un giorno intero aspettando e sperando di vederti e poi tu sei partita (ti odio), a Mozart musicista dell’amore puro, che ci ha scelti come un dono e poi protetti, a Don Uva (ma alla fine chi è?), alle tre pasticcerie di ****** che stavo per chiamare per sapere che dolci ti piacciono e mandarteli, però di quelli veramente buoni, basta con la storia che “a me non piacciono allora te li regalo”, l’avrai capito che i secondi che ti ho portato, ai pinoli, li ho scelti con cura perché fossero buonissimi!

Nicoletta, nome sceso come un dono leggero e dolce: in siciliano “nica” significa “piccola”, con una sfumatura di affettuosità delicata: così il suo diminutivo può essere Nicoletta, ancora più intimo e vicino…

Fermati a quando eravamo quasi in un bacio immenso, nel rumore, nella folla, ed eravamo soli e padroni del mondo: quando ci ripenso…

Ed ora, Nicoletta mia, mia nel sogno, nel desiderio e nel ricordo, ti saluto e ti aspetto.

Mario


* Lettera scritta con intenzione creativa.

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Suoni

Fantasia in la minore

Improvvisata su rudimentale tastiera digitale di 4 ottave e trasferita da audiocassetta al digitale.