Notte, giorno; alba.
Si era alzato alle 5. Anzi, alle 5:05, per quella fissazione dei numeri dispari e per le simmetrie. Per lo stesso motivo aveva provato ad alzarsi alle 5:05:05, cinque cifre, senza mai esserci riuscito. Svegliarsi, dopotutto, richiedeva ben più di cinque secondi.
L’importante, però, era arrivare alla metropolitana in cinquanta minuti, per l’orario magico e maledetto delle 5:55:55, quello che le persone normali chiamano “quasi le sei”, e gli assonnati chiamano “comunque troppo presto”.
Quel giorno era stato fortunato. Era l’unico a scendere dalla scala mobile a quell’orario solitamente già animato.
Scendeva, felice ed elettrizzato, trasportato dal tempo; arrivato a metà percorso, però, dovette ammettere di sentirsi un po’ stupido.