Categorie
Fotografica Racconti

Nonostante il suo nome


Nonostante il suo nome, i capelli biondi, l’aspetto più gelido delle sere taglienti di novembre, e ancora il cappotto e il cappello ex-sovietici, Olga non era di origine Russa.

Veniva da Tushig, dieci chilometri in qua del confine. Tra le montagne più inospitali, tra i fiumi senza nome, dimenticati e tortuosi. Se veramente volevi raggiungere la Russia su una vera strada, la più breve era di 150 chilometri. Olga non era Russa.

Ci teneva a farlo notare. Però, le piaceva, ogni tanto, quando un ragazzo che si credeva più esperto cominciava a chiederle di lei e della sua famiglia, rispondere un po’ sì e un po’ no, lasciare il dubbio in mezzo alle parole e agli sguardi. E si nascondeva gli occhi sotto il cappello, non li giudicava abbastanza chiari, non le avrebbero creduto.

Aveva provato, una volta, a inseguire il confine, per dire a se stessa che in fondo, qualcosa di russo le l’aveva avuto, almeno per un giorno. Ma il confine si nascondeva, si allontanava e nessuno sapeva dov’era veramente; più lei saliva, faticosamente tra l’erba sempre meno folta, più la Russia sembrava irraggiungibile.

E poi, tra le pietre, i confini non si vedono…

Su un masso quadrato, era seduto, stanco per la lunga camminata, un giovane: fumava una sigaretta piegata e mezza consumata. Il fumo del tabacco, vagamente blu, si mescolava con la nebbia ferma delle alture.

Tavka, il giovane, nonostante il nome, i capelli, l’aspetto il cappotto e il cappello, non era di origine Selenge.